Il gabbiano e la valigetta nera
PREFAZIONE
Giallo dai risvolti psicologici legato al mondo della legge.
L'incontro tra due grandi personaggi tormentati per motivi diversi, ma forse con un comune denominatore: quello che si è disposti a fare o non fare, a credere o non credere per amore, ancora una volta tema principale di un'opera di Maresa Baur con tutte le conseguenze che ne potrebbero derivare.
L'ambientazione si snods tra Napoli e le Sicilia con pittoresche descrizioni oltre che di realtà quotidiane ( piccoli fotogrammi dei tempi moderni ), di paesaggi di mare e resti archeologici dove sembrano aggirarsi fantasmi del passato ( che tanto passato forse ancora non è...) come l'ombra di un gabbiano che non riesce a spiccare il volo come dovrebbe...
Un romanzo che si legge con la curiosità di risolvere quanto prima il rebus: storia circolare abbastanza intrigante.
Interessanti i dialoghi, coinvolgente ed esauriente la narrazione.
Claudia Magistri
CAPITOLO PRIMO: EDGARDO INCONTRA MARUSKA
Chi è Edgardo?
Ha buttato via una vita dorata. Perchè ha scelto la via più difficile.
Hanna Maruska Eschembach suonò al citofono del mio studio nel tardo pomeriggio di un venerdì di fine luglio.
Fu il suo nome esotico ad incuriosirmi tanto da concederle un appuntamento insolito nei fine settimana...
Avevo ascoltato la sua voce qualche giorno prima...
Quell'accento vagamente straniero ed il tono agitato mi avevano incuriosito.
"Parlo con l'avvocato Edoardo Pratolini?"
"Edgardo" la corressi, "Edgardo Pratolini".
Lo dissi in modo spazientito.
Troppe volte avevo dovuto correggere quel continuo storpiare un nome non certo difficile.
Anche il quell'occasione emerse la mia naturale insofferenza mentre dall'altra parte del telefono una voce femminile mi chiedeva con insistenza un'appuntamento.
Non volle aggiungere altri particolari nè io glieli chiesi.
" Di solito il venerdì pomeriggio non lavoro" avevribattuto, sperando di scoraggiarla.
"Si tratta di un caso urgente, la prego!"
Lo disse in modo supplichevole e, quando aggiunse che stava correndo un pericolo udii un piccolo singhiozzo...
Fu in quel momento che cambiai di colpo il mio atteggiamento.
Avevo, infatti, accettato ed ora, al suono del campanello, sobbalzai, allungando la mano verso la cornetta posata sul tavolo della mia scrivania.
Era una delle mie abituali giornate indolenti in cui il pensiero di incontrare qualcuno cominciava ad infastideirmi.
Strano per uno che nei rapporti con i clienti avrebbe dovuto dare il meglio di se stesso.
Era passato da tempo quel periodo...
il disordine rgnava nello studio unito alla polvere sulle pratiche che giacevano da mesi abbandonate.
Sentii di nuovo quella voce che aveva catturato la mia attenzione...gli stessi accenti che all'altro capo del filo del telefono sempre più incerti...
"A che ora mi può ricevere?"
"Fra un'ora allle 17.30" risposi drizzandomi sulla poltrona come in attesa di altre parole...
"Grazie, a fra poco", balbettò prima di riattaccare.
Clara, la mia segretaria non veniva il fine settimana e di conseguenza non avrebbe potuto mettere un pò d'ordine, ma all'improvviso sentii quasi l'obbligo di farlo io.
Decisi di riordinare come potei, indossai la giacca di lino chiaro un pò stropicciata, accorgendomi, davanti al piccolo specchio del bagno, d'aver il viso non sbarbato.
scrollai le spalle e mi pasai velocemente le mani tra i capelli.
Perchè questo nervosismo? Lo ignoravo.
Seduto alla mia scrivania, cominciai a riguardare una vecchia pratica lasciata in sospeso.
Il campanello di ingresso suonò.
Aprii la porta e davanti a me stava una ragazza molto alta, una pelle chiarissime, con gli occhi lievemente arrossati, tipici delle donne bionde ed i capelli molto ricci e lunghi.
"S'accomodi, la prego", dissi, profondamente colpito indicandole la poltrona.
Ci trovammo uno di fronte all'altra.
"Posso cominciare?", chiese chiese con voce incerta.
"L'ascolto" risposi e senza volerlo, guardai le sue mani così bianche e sottili.
Avevo notato la grazzia con cui le aveva appoggiate in grembo.
Con un sospiro iniziò a raccontare lentamente...
Aveva sollevato quegli occhi incredibili ombreggiati da ciglia chiarissime e mi stava fissando.
"Da alcuni giorni sono ospite in una pensione non molto lontano da qui all'inizio di questa via e la padrona che la conosce molto bene, mi ha suggerito di rivolgermi a lei per quello che mi sta capitando"
Tossì lievemente prima di proseguire.
"C'è un uomo nella casa di fronte, un tipo di mezza età ad occhio e croce.
A detta dei vicini pare sia un pregiudicato che ha avuto diverse condanne per uso di stupefacenti e piccolo spaccio.
Ogni sera resta incollato alla finestra e mi scruta; sento d'essere continuamente osservata da lui. E' arrivato addirittura ad usare un binocolo, ma la cosa più preoccupante è come abbia scoperto il mio numero di cellulare... non fa altro che mandarmi messaggi sempre più insistenti con provocazioni... le lascio immaginare quali".
Adesso l'accento della voce pareva più concitato, come se raccontare quel fatto le procurasse imbarazzo.
"Le confesso, avvocato, che sono molto spaventata. Ieri pomeriggio il tono dei messaggi era diventato minaccioso. Se non accetterò di incontrarlo, temo possa farmi del male. Non sapevo a chi rivolgermi.
La padrona della pensione, la signora Celestina, mi ha suggerito di venire da lei prima di andare alla polizia. Mi dia un consiglio, la prego, non vorrei che denunciandolo le sue minacce diventassero più gravi e mi facesse male davvero.
Lei è molto conosciuto nel quartiere e magari è in grado di risolvere la questione senza grossi problemi.
Mi aiuti, non si preoccupi per il denaro, la pagherò! Dovessi..."
E così dicendo accavallò lentamente le gambe in un modo però triste e lento, titubante e stranamente pudico ed incerto.
l'avevo ascoltata con interesse anche se mi ero accorto che c'era qualcosa di strano in lei, non sincero.
Senza aspettare una risposta all'improvviso si alzò in piedi, infilò di scatto una mano nella piccola borsa che portava a tracolla.
Estrasse un revolver e, stendendo il braccio gli occhi di ghiaccio improvvisamente duri e con un lampo quasi di follia sparò una, due, tre volte...
Mi stavo alzando quando le pallottole mi colpirono sbattendomi con violenza contro lo schienale della poltrona.
Cercai di rizzarmi di nuovo in piedi, ma era impossibile, il dolore era fortissimo e la vista si stava annebbiando.
Feci appena in tempo a scorgere il sangue che fuoriusciva e stava innondando la camicia bianca. Mi portai una mano al fianco destro e mi accorsi che era bagnata... tutto si stava velando come in un sogno.
Percepii appena la figura esile di lei che si girava di scatto e offriva al mio sguardo l'immagine dei suoi fianchi perfetti che non avevano perso l'andatura felina di una vera femmina.
In un baleno guadagnò luscita lasciando la bocca aperta a me semisvenuto, accasciato sul ripiano della scrivania...
Mi risvegliai molte ore dopo e la prima cosa che mi apparve nella nebbia dell'anestesia fu l'immagine di Clara in piedi accanto al letto dell'ospedale.
Clara, mia affezionata segretaria, conversava con uno dei medici che mi avevano operato.
Era stata la prima ad accorrere al mio capezzale, quasi colta da un senso di colpa per non esserci stata.
Lei non veniva mai il venerdì pomeriggio e così era stato Antonio, il portier, a scoprire il mancato delitto.
Lui era uscito dalla guardiola quando aveva visto passare quella splendida donna che scendeva di corsa giù per le scale.
Tuttavia non era riuscito ad intravvedere molto di leiperchè portava un foulard nero sui capelli e grandi occhiali scuri.
Incuriosito salì le scale ansimando per la sua mole e per l'evidente difetto ad una gamba che lo costringeva a zoppicare.
Antonio era arrivato fino al secondo piano, il mio.
La porta era aperta e mi aveva chiamato:"Avvocato Pratolini...", ripetè varie volte , ma non ottenne risposta.
Sapeva che Clara non c'era ed entrò.
Non gli ci volle molto per accorgersi della situazione.
Era un uomo avvezzo alle emergenze e quindi capì che l'unica cosa da fare era chiamare un'ambulanza.
Era spaventato, ma si preoccupò anche di non allarmare gli altri pochi inquilini di quel piccolo condominio alla periferia di Napoli...
Napoli, città di grandi avvocati, brillanti attori, personaggi estroversi come solo i napoletani sanno essere, città capace di tutto, artefice e vittima insieme di una malavita sommersa e di una povertà congenita dove vigeva da sempre l'arte di arrangiarsi.
Cità dove si diventava importanti in poco tempo, ma altrettanto facilmente si cadeva ed era un precipitare senza fine...